Esistono modi e modi: un silenzio durato 10 giorni

I funerali di Cristiano Campanale, morto a 27 anni a Scauri, sono stati celebrati
martedì 29 gennaio nella chiesa di San Pietro Apostolo a Minturno
Ringrazio Temporeale.info per la foto.
Come cittadino e giornalista, credo che uno dei punti fermi della nostra società sia l'articolo 21 della Costituzione Italiana: "Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione". Un diritto assegnato a tutti, senza discriminazioni. Ma nello stesso articolo, quasi a porre un limite a quello che può accadere durante la narrazione di un fatto, si afferma pure che "sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni".

Le parole di questo articolo della Costituzione, così preziose e importanti, sono un riferimento per chiunque si prenda la responsabilità di parlare, scrivere, filmare, postare, pubblicare o comunicare un fatto perché diventi patrimonio comune della schiera di lettori, spettatori, uditori o, più semplicemente, curiosi di ciò che avviene nel mondo e, più in generale, intorno a sé.

E' paradossale che queste parole mi siano ritornate in mente a causa di una tragedia capitata nella mia città, Minturno, in provincia di Latina: Cristiano, 27 anni, investito al centro della frazione di Scauri e morto sul colpo. Il fatto è successo venerdì 25 gennaio 2019. Tra le prime fonti di informazione a battere la notizia c'è stata l'Ansa.

In verità le primissime fonti che hanno pubblicato il fatto sono state le persone iscritte a Facebook e a diversi suoi gruppi. Una notizia che ha scioccato tutti i minturnesi, senza parole, al cuore di una città. Tante parole, ancora più silenzi. A 10 giorni dall'evento, continuo a riflettere non solo su come il fatto è accaduto, ma anche su come è stato raccontato.

Per non parlare di come è stato vissuto, un funerale tra i più tristi in vita mia, con una commozione che raggelava gli animi di tutti, a partire dai familiari, nel quale sono emerse con forza le parole di un bravo parroco che, in obbedienza al Vangelo di Gesù Cristo, ha affermato: "Non permettiamo alla pietra della rabbia e del rancore di appesantire il nostro cuore!".

Sottolineo un principio lampante e vero: il fatto andava (e andrà) raccontato. Se volessimo fare i sapientoni diremmo che c'erano (e ci saranno) tanti valori-notizia a favore della notiziabilità, ovvero della pubblicazione: l'impatto con il pubblico, la vicinanza ai lettori, l'efferatezza, il ruolo della cronaca per un giornale o un giornalista. Sono tante le fonti che raccontano il fatto e che si potrebbero linkare, ma basta Google News.

Ho visto e apprezzato in tante fonti di informazione la scelta di serietà nei contenuti, nel testo, nel racconto o nelle immagini scelte (vedi sopra), foto ritagliate per tutelare la dignità delle persone, un garbo comunicativo che ha da insegnare tanto a tanti comunicatori fai da te. Ma, per pochissime altre, mi è salito un moto di rabbia. Non è solo la rabbia per quanto accaduto a un giovane nel fiore dell'età, ma anche perché quel fatto NON andava raccontato, fotografato, pubblicato COSÌ.

Una prima pagina che voglio attribuire a errori grossolani di valutazione, condivisioni compulsive via Whatsapp / Facebook / social frutto di una sconcertante superficialità di giudizio, utilizzo di foto raccapriccianti senza filtri (senza neanche un watermark, che poi sarebbe un logo o un timbro per coprire dettagli non essenziali al racconto, per tutelare le persone coinvolte).

Ci sono state parole e immagini irrispettose, nei commenti di quei primi post privati e pubblici sui social, su quei blog che 'tanto me ne frego dell'Ordine dei Giornalisti', e anche sulla carta stampata, quella che per me rimane una luce dell'informazione e della democrazia al servizio dei cittadini.

Perché, se necessario, è meglio non usare parole, buttare via una foto, provare a ridare dignità a chi giace riverso a terra su un marciapiede. E anche avere il coraggio di fare ammenda nel rispetto di una sana etica di comunicazione. Nel Codice deontologico dei giornalisti si parla, nell'articolo 8, della Tutela della dignità delle persone: "Salva l’essenzialità dell’informazione, il giornalista non fornisce notizie o pubblica immagini o fotografie di soggetti coinvolti in fatti di cronaca lesive della dignità della persona, né si sofferma su dettagli di violenza, a meno che ravvisi la rilevanza sociale della notizia o dell’immagine".

Però, riconosco che queste sono chiacchiere da bar (anzi, da blog). E intanto Cristiano non c'è più, il web conserva e continua il suo flusso. Ma almeno noi, vivi e pensanti, fermiamoci!

Esistono modi e modi...

Maurizio Di Rienzo

Commenti

  1. Beati i puri di cuore...disse qualcuno...
    Era necessario indurre a riflessione questa gente di oggi che con un clic sembra abbia salvato il mondo.
    Non ho conosciuto questo giovane...ma non era necessario conoscerlo per sentire la sofferenza della sua famiglia e di un intera comunità! La cosa su cui si dovrebbe davvero ragionare è come oggi la parola comunicazione fra esseri umani sia dettata solo dallimpulso e dalla rabbia e si compiono gesti sconsiderati senza battere ciglio purtroppo!

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