L’edificio chiesa, esperienza di prossimità



Intervista a don Valerio Pennasso, direttore dell’ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto della Cei

Dal 31 maggio al 2 giugno presso il monastero di Bose, a Magnano in provincia di Biella nell’estremo nord del Piemonte, si è svolto il XVI Convegno liturgico internazionale “Architettura di prossimità. Idee di cattedrale, esperienze di prossimità” a cura del monastero di Bose, in collaborazione con l’Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto della Cei e il Consiglio nazionale architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori. Durante i giorni del convegno la redazione di Avvenire LazioSette ha ascoltato la voce di don Valerio Pennasso, direttore dell’ufficio nazionale per i beni culturali ed edilizia di culto, in merito al Convegno e all’esperienza del Clilab, il laboratorio di architettura partecipata riservato a giovani professionisti under35.

Che rapporto c’è tra l’ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto con il Convegno liturgico di Bose? Come è nata questa collaborazione?

Sono 16 anni che ‘va in onda’ questo convegno. L’allora direttore dell’ufficio nazionale monsignor Giancarlo Santi, con fratel Enzo Bianchi, hanno pensato di attivare dei momenti di formazione per gli architetti nel campo della liturgia per sostenere la ricerca e la progettazione di nuove chiese. Nei percorsi curricolari di formazione degli architetti non ci sono momenti o corsi dedicati a questo tipo di attenzione, come la storia dell’arte e dell’architettura sacra in vista della costruzione. Viene fatto un lavoro di ‘tandem’ sia per l’organizzazione di queste giornate del Convegno che per la pubblicazione degli atti, i quali vanno a coprire l’arco delle necessità formative dal punto di vista liturgico e dell’architettura per la liturgia.

Diversi ragazzi delle diocesi del Lazio hanno partecipato all’esperienza del Clilab: cos’è e come è nato il progetto?

Nel 2016 c’è stato un momento di ripensamento. Ci siamo chiesti se ha ancora senso continuare a ritrovarci a Bose, con le stesse metodiche e approcci. Abbiamo provato a innestare dei meccanismi e delle opportunità perché l’aspetto teorico di formazione, anche dal punto di vista dei cantieri, potesse trovare un momento di laboratorio effettivo, appunto il Clilab, dove si dice: abbiamo fatto delle cose, abbiamo realizzato delle iniziative, abbiamo attivato dei processi e li riportiamo come discussione all’interno del Convegno. Il Clilab1 cercava di verificare che ne è dell’architettura di chiese, che rapporto nasce tra comunità ed edificio sacro, e se questo risponde alle necessità e ai desideri della comunità che ci vive. È stata una retrospettiva delle chiese costruite in questi ultimi anni, viste alla luce degli adattamenti che ne fanno le comunità. La domanda è stata: se avessimo coinvolto le comunità prima, avremmo avuto gli stessi risultati?

Alla fine del 2017 è partito il Clilab2: qual è stata l’idea portante della nuova edizione?

Tutto è partito dal verificare una tesi: se un gruppo di progettazione formato da ingegnere, architetto, artista, liturgista e un esperto di comunicazione o nelle scienze umane si mette insieme, lavora con una comunità, comincia ad acquisire gli stessi linguaggi e una sensibilità comune, riuscirà a realizzare un’idea progettuale più interessante rispetto ad un gruppo che si compone per l’occasione? Coinvolgendo la comunità destinataria di una nuova chiesa, riuscirà a farla crescere dal punto di vista della consapevolezza e dei linguaggi di espressione? Del resto, il principio di realtà vince sempre, come ci ricorda papa Francesco nella Evangelii Gaudium. Così siamo andati a cercare quattro diocesi che nell’arco dell’anno avrebbero dato la disponibilità per bandire il concorso per la realizzazione di nuove chiese, e con i quattro gruppi che si sono formati a seguito di un bando, lanciato lo scorso anno, abbiamo detto: cercate di aiutare le comunità a scrivere lo studio di fattibilità, ovvero il ‘che cosa vogliono’, affinché loro possano scrivere un altro documento, che sarà quello tecnico del bando, ovvero il DPP, ovvero il Documento Preliminare alla Progettazione.

Il Clilab2 è al lavoro dal novembre 2017 su quattro diocesi italiane (Altamura, Catanzaro, Monreale e Oppido). Cosa è andato bene e cosa è andato male nel percorso?

C’è stata una reale difficoltà perché ciascuna delle quattro diocesi ha necessità, possibilità, opportunità e criticità diverse. Ci può essere una comunità che interviene di più, chi ha meno soldi, chi lo farà il prossimo anno o chi non lo farà: questa costituisce la normalità perché è uno spaccato delle comunità italiane che affrontano questi problemi. L’aspetto che, secondo me, è stato molto interessante è che dei giovani sotto i 35 anni si siano messi in gioco, conoscendosi o meno, qualcuno partito fin dall’inizio o aggiuntosi successivamente, si sono formati con le dinamiche proprie, le sensibilità di ciascuno e i rapporti che nascono tra le persone. Il bilancio è positivo: vediamo ora cosa riusciremo a portare al di là dell’esperienza. Riusciremo a trasferire questo laboratorio anche ad altre diocesi, ad altre comunità, con altre persone? Sarà produttivo di una maggiore attenzione nella progettazione per offrire un servizio migliore alle comunità, cioè un prodotto finale più adeguato? In una esperienza una signora mi diceva: “Questo progetto finalmente è la chiesa che mi piace, è la mia chiesa. Grazie perché avete fatto una chiesa che è quella che volevo”. Sarebbe interessante il principio di realtà andasse a migliorare non nell’ordine della discontinuità, ma della continuità rispetto al progetto realizzato.

Nel settembre 2016 l’ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici è stato unito al servizio per l’edilizia di culto. Ci può raccontare qualcosa di questa grande mole di lavoro?

Ogni anno vengono erogati circa 145-150 milioni di euro dai fondi 8x1000 destinati alla Chiesa cattolica. Circa 1000 pratiche di lavoro riguardano i beni immobili: sono circa 600 i progetti di restauro di chiese ed edifici storici mentre sono circa 100-110 le pratiche relative a progetti di costruzione di nuove chiese, con circa 50 progetti approvati ogni anno. La parte rimanente riguarda invece edifici di recente costruzione, ovvero con meno di 70 anni di età. Un altro migliaio di pratiche riguardano, invece, il patrimonio degli archivi e biblioteche, l’installazione di sistemi di antifurto, restauro di organi a canne. In totale l’ufficio tratta circa 2000 pratiche all’anno che variano da poche migliaia fino a tre o quattro milioni di euro di spesa. È un lavoro significativo e consistente che si esplica anche nei progetti della conoscenza, le catalogazioni degli archivi e delle biblioteche, il censimento delle chiese e del patrimonio immobiliare.

Maurizio Di Rienzo

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