Il grasso martedì
Le frappe di nonna. Quando penso al carnevale ritorno nella
cucina affumicata dove io, amabile e piccola peste di 6 anni, cercavo di rubare
le prime frappe appena tolte dall’olio bollente. Come non ricordare il sapore
delle morbide castagnole impregnate di zucchero, qualcosa che posso associare
solo, poco meno, al Paradiso. E per noi del basso Lazio, Minturno in
particolare, gli struffoli strabordanti di miele che mangiato il primo… non si
torna più indietro. Il carnevale è anzitutto la fiera del trigliceride e dello
zucchero pronto ad alzare la glicemia, che rende contenti piccoli e grandi con
scariche di allegria e felicità, effetto magico di glucosio e serotonina. È il
martedì grasso, di nome e di fatto.
Era a scuola che si capiva l’origine del carnevale. C’era un
tempo in cui si raccontavano storie popolari, si costruivano maschere e si
disegnavano i vestiti di Balanzone, Brighella e Pantalone con i più famosi
Arlecchino e Pulcinella. Sono passati 20 anni da allora e la storia è cambiata:
per i bimbi il top è l’Uomo Ragno, per le bimbe rigorosamente Elsa, la
principessa di Frozen. Chissà però se nelle feste di carnevale 2017 ci sarà almeno
un bimbetto vestito da Arlecchino, segretamente innamorato di Colombina, col
suo magico vestito fatto di pezzi di stoffa colorata. Una gioia anche solo
immaginarlo.
Erano anche i genitori che ti raccontavano il carnevale. Però
lo capivi nelle settimane successive quando, nei venerdì di Quaresima, tutta la
casa puzzava di merluzzo o di bastoncini di pesce. Anche questo è cambiato. Oggi
proprio coloro che hanno il compito di ricordare (e vivere) il digiuno e l’astinenza
dalle carni, sono i primi a banchettare lautamente (non solo) in Quaresima e ad
organizzare succulente braciate quaresimali di carne.
'Semel in anno licet insanire’: una volta all’anno è permesso
impazzire. Il carnevale non è tale senza mascherine, vestitini, stelle filanti
e coriandoli, carri allegorici e ‘carnevalate’. Che paradosso: da piccolo non
vedevo l’ora di soffiare nelle magiche stelle filanti e buttare coriandoli ogni
dove; da adulto (e parroco) già mi immagino l’impresa impossibile di doverli
spazzare via.
E poi i carri allegorici, maestosi e spettacolari, e le interminabili
sfilate per il lungomare con canti, balli e musiche. Una tradizione diffusa in
tutto il nostro Lazio, da Roma a Frosinone, da Ronciglione a Marino, da Poggio
Mirteto a Civita Castellana, che quasi sicuramente si ricollega alle feste
romane dei saturnali e dei lupercali, un misto di feste orgiastiche e feste
purificatrici. Il carnevale come festa per celebrare l’ultimo giorno prima del
rigore quaresimale, ma anche rito per esorcizzare il male e il dolore per
scacciarli dalla propria esistenza.
E qui ogni tradizione diventa un capolavoro
di umanità: come avviene ad esempio a Frosinone con la Festa della Ràdeca, dal
nome della foglia (o radice) di agave che portano i partecipanti. Un simbolo di
fertilità per scacciare il cattivo "Re Carnevale", il generale
francese Championnet che nel 1800 assediò Frosinone. E nel simbolo del fuoco
purificatore si risveglia la memoria bambina di falò, fuochi e saltimbanchi.
Maurizio Di Rienzo
Da Avvenire, Lazio Sette, del 19 febbraio 2017
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